
Estratto del discorso del Presidente Soro
Nei rapporti di lavoro il crescente ricorso alle tecnologie nell’organizzazione aziendale, i diffusi sistemi di geolocalizzazione e telecamere intelligenti hanno sfumato la linea – un tempo netta – tra vita privata e lavorativa.
È auspicabile che il decreto legislativo all’esame delle Camere sappia ordinare i cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una cornice di garanzie che impediscano forme ingiustificate e invasive di controllo, nel rispetto della delega e dei vincoli della legislazione europea.
Un più profondo monitoraggio di impianti e strumenti non deve tradursi in una indebita profilazione delle persone che lavorano.
Occorre sempre di più coniugare l’esigenza di efficienza delle imprese con la tutela dei diritti: obiettivo che ha ispirato tutte le decisioni dell’Autorità nelle numerose verifiche preliminari nonché nelle linee guida in materia di biometria.
2. i testi a confronto
3. il fondamento del divieto di controllo a distanza
4. perché è necessario aggiornare la disciplina
5. le criticità del testo del Governo
- divieto di strumenti utilizzati esclusivamente o prevalentemente per il controllo a distanza
- semplificazione degli adempimenti e modalità di utilizzo degli strumenti di lavoro per ulteriori finalità
- divieto di controllo attraverso strumenti di proprietà del lavoratore utilizzati anche per rendere la prestazione lavorativa
- liberalizzazione dei sistemi di gestione degli accessi e delle presenze
- inutilizzabilità assoluta dei dati trattati illecitamente
1. una proposta alternativa
Art. 4 Utilizzo di apparecchiature e di altri strumenti |
commento |
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1. E’ vietato l’uso di apparecchiature e di altri strumenti per esclusive o prevalenti finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. | Viene espressamente mantenuto il divieto di utilizzare strumenti destinati esclusivamente o prevalentemente al controllo a distanza dei lavoratori. |
2. Le apparecchiature e gli altri strumenti che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori: | Vengono disciplinate le modalità con le quali i datori di lavoro possono utilizzare per ulteriori finalità gli strumenti impiegati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa dai quali derivi anche la possibilità di essere controllati a distanza, distinguendo gli adempimenti richiesti in base al concreto utilizzo: |
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Strumenti di lavoro utilizzati solo per la produzione: viene eliminata qualsiasi procedura di concertazione sindacale o di autorizzazione per l’uso degli strumenti di lavoro (da cui possa derivare anche la possibilità di controllo a distanza) se il datore dichiara espressamente che non saranno utilizzati per il controllo a distanza (in tal caso è prevista solo la preventiva informazione dei lavoratori). |
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Strumenti di lavoro utilizzati anche per altre finalità: se il datore di lavoro intende utilizzare gli strumenti di lavoro per perseguire ulteriori finalità oltre quelle strettamente connesse alla produzione, deve preventivamente accordarsi con le rappresentanze dei lavoratori o essere autorizzato dalla DTL (con le modalità previste dal comma 3). |
3. In mancanza di accordo, le apparecchiature e gli strumenti di cui al comma 2, lett. b), possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. | In mancanza dell’accordo sindacale, il datore di lavoro può richiedere l’autorizzazione alla DTL o, a certe condizioni, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La formulazione è analoga a quella del testo del Governo. |
4. Nessuna attività di controllo può essere effettuata mediante gli strumenti privati del lavoratore anche qualora gli stessi vengano utilizzati promiscuamente, d’intesa col datore di lavoro, per rendere la prestazione lavorativa. | Considerata la spinta esistente verso l’utilizzo di strumenti di proprietà del lavoratore (smartphone, PC, ecc.) per rendere la prestazione lavorativa (ad es., email aziendale sul proprio telefono con conseguente accettazione – laddove prevista – di policy di sicurezza imposte dal datore di lavoro sul dispositivo di proprietà del lavoratore), viene espressamente vietata qualsiasi forma di controllo per dispositivi impiegati ad uso promiscuo (BYOD – Bring your own device). |
5. La disposizione di cui al comma 2 non si applica agli strumenti di gestione degli accessi e delle presenze che non consentano un monitoraggio continuativo del lavoratore. | Su badge e sistemi di gestione delle presenze viene in parte ripresa la formulazione del Governo ma con paletti ben precisi: ne viene liberalizzato l’uso senza particolari formalità a patto che non consentano un “monitoraggio continuativo del lavoratore”. |
6. Le attività di cui ai commi 2, 3 e 5 possono essere svolte a condizione che sia data al lavoratore adeguata e preventiva informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni. In deroga all’art. 160, comma 6, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, i dati trattati in violazione delle pertinenti disposizioni in materia di protezione dei dati personali, stabilite dal medesimo decreto legislativo, ovvero in violazione del presente articolo, non possono essere utilizzati in sede giudiziaria. | Viene sottolineata l’esigenza della preventiva informazione dei lavoratori per l’utilizzo di qualsiasi strumento da cui possa derivare un controllo a distanza dell’attività lavorativa.Nel caso in cui non vengano rispettate le condizioni di utilizzo degli strumenti in questione stabiliti dal presente articolo e dalle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, i dati eventualmente trattati non potranno essere in nessun caso utilizzati in sede giudiziaria.Al di là di possibili sanzioni per le eventuali violazioni di queste disposizioni, quello dell’inutilizzabilità in giudizio costituisce l’unico vero argine rispetto a eventuali aggiramenti da parte dei datori di lavoro. |
- la versione vigente dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori;
- la versione deliberata dal Consiglio dei Ministri l’11 giugno scorso, attualmente al vaglio delle Commissioni XI Lavoro e V Bilancio della Camera;
- la nostra proposta.
2. i testi a confronto
Art. 4 – legge 20 maggio 1970, n. 300 – Statuto dei lavoratori | ||
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Impianti audiovisivi (testo in vigore) |
Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo (testo del Governo) |
Utilizzo di apparecchiature e di altri strumenti (nostra proposta) |
1. E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. | 1. E’ vietato l’uso di apparecchiature e di altri strumenti per esclusive o prevalenti finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. | |
2. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti. | 1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. | 2. Le apparecchiature e gli altri strumenti che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori: |
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In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. |
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In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. | 3. In mancanza di accordo, le apparecchiature e gli strumenti di cui al comma 2, lett. b), possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. | |
4. Nessuna attività di controllo può essere effettuata mediante gli strumenti privati del lavoratore anche qualora gli stessi vengano utilizzati promiscuamente, d’intesa col datore di lavoro, per rendere la prestazione lavorativa. | ||
2. La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. | 5. La disposizione di cui al comma 2 non si applica agli strumenti di gestione degli accessi e delle presenze che non consentano un monitoraggio continuativo del lavoratore. | |
3. Le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. | 6. Le attività di cui ai commi 2, 3 e 5 possono essere svolte a condizione che sia data al lavoratore adeguata e preventiva informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni. In deroga all’art. 160, comma 6, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, i dati trattati in violazione delle pertinenti disposizioni in materia di protezione dei dati personali, stabilite dal medesimo decreto legislativo, ovvero in violazione del presente articolo, non possono essere utilizzati in sede giudiziaria. | |
3. Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l’Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, dettando all’occorrenza le prescrizioni per l’adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti. | ||
4. Contro i provvedimenti dell’Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. |
Seguono alcune considerazioni sulle motivazioni che rendono necessario l’ammodernamento della disciplina attuale e sulle criticità della proposta del Governo, seguite da una illustrazione più dettagliata della nostra proposta.
3. il fondamento del divieto di controllo a distanza
Il luogo di lavoro è una formazione sociale nella quale va assicurata la tutela dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati garantendo che, in una cornice di reciproci diritti e doveri, sia assicurata l’esplicazione della personalità del lavoratore e una ragionevole protezione della sua sfera di riservatezza nelle relazioni personali e professionali (artt. 2 e 41, secondo comma, Cost.; art. 2087 cod. civ.; cfr. altresì l’art. 2, comma 5, Codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), riguardo al diritto ad ottenere che il trattamento dei dati effettuato mediante l’uso di tecnologie telematiche sia conformato al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato)
Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea (art. 8)
Art. 8 – Protezione dei dati di carattere personale
1. Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano.
2. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni persona ha il diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica.
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 8 CEDU)
Art. 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.
14. Use of Internet and electronic communications in the workplace
14.1. Employers should avoid unjustifiable and unreasonable interferences with employees’ right to private life. This principle extends to all technical devices and ICTs used by an employee. The persons concerned should be properly and periodically informed in application of a clear privacy policy, in accordance with principle 10 of the present recommendation. The information provided should be kept up to date and should include the purpose of the processing, the preservation or back-up period of traffic data and the archiving of professional electronic communications.
14.2. In particular, in the event of processing of personal data relating to Internet or Intranet pages accessed by the employee, preference should be given to the adoption of preventive measures, such as the use of filters which prevent particular operations, and to the grading of possible monitoring on personal data, giving preference for non-individual random checks on data which are anonymous or in some way aggregated.
14.3. Access by employers to the professional electronic communications of their employees who have been informed in advance of the existence of that possibility can only occur, where necessary, for security or other legitimate reasons. In case of absent employees, employers should take the necessary measures and foresee the appropriate procedures aimed at enabling access to professional electronic communications only when such access is of professional necessity. Access should be undertaken in the least intrusive way possible and only after having informed the employees concerned.
14.4. The content, sending and receiving of private electronic communications at work should not be monitored under any circumstances.
14.5. On an employee’s departure from an organisation, the employer should take the necessary organisational and technical measures to automatically deactivate the employee’s electronic messaging account. If employers need to recover the contents of an employee’s account for the efficient running of the organisation, they should do so before his or her departure and, when feasible, in his or her presence.
15. Information systems and technologies for the monitoring of employees, including video surveillance
15.1. The introduction and use of information systems and technologies for the direct and principal purpose of monitoring employees’ activity and behaviour should not be permitted. Where their introduction and use for other legitimate purposes, such as to protect production, health and safety or to ensure the efficient running of an organisation has for indirect consequence the possibility of monitoring employees’ activity, it should be subject to the additional safeguards set out in principle 21, in particular the consultation of employees’ representatives.
15.2. Information systems and technologies that indirectly monitor employees’ activities and behaviour should be specifically designed and located so as not to undermine their fundamental rights. The use of video surveillance for monitoring locations that are part of the most personal area of life of employees is not permitted in any situation.
15.3. In the event of dispute or legal proceedings, employees should be able to obtain copies of any recordings made, when appropriate and in accordance with domestic law. The storage of recordings should be subject to a time limit.
16. Equipment revealing employees’ location
16.1. Equipment revealing employees’ location should be introduced only if it proves necessary to achieve the legitimate purpose pursued by employers and their use should not lead to continuous monitoring of employees. Notably, monitoring should not be the main purpose, but only an indirect consequence of an action needed to protect production, health and safety or to ensure the efficient running of an organisation. Given the potential to violate the rights and freedoms of persons concerned by the use of these devices, employers should ensure all necessary safeguards for the employees’ right to privacy and protection of personal data, including the additional safeguards provided for in principle 21. In accordance with principles 4 and 5, employers should pay special attention to the purpose for which such devices are used and to the principles of minimisation and proportionality.
16.2. Employers should apply appropriate internal procedures relating to the processing of these data and should notify the persons concerned in advance about them.
Le raccomandazioni del Comitato dei Ministri sono prive di efficacia vincolante, avendo valore di indirizzo nell’ottica dell’adozione di una politica comune tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa. Ciò significa che non sussiste un obbligo di adeguamento per gli Stati membri e che la raccomandazione non può essere invocata innanzi alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo come parametro di legittimità delle legislazioni nazionali.
Tuttavia la mancata applicazione dei principi stabiliti dalla raccomandazione non è immune da conseguenze.
Considerato, infatti, che l’atto di indirizzo costituisce attuazione dell’art. 8 CEDU – che tutela il diritto alla vita privata ed è più volte richiamato nel preambolo e nel corpo dell’atto – la legislazione nazionale che fosse manifestamente contrastante con i suoi principi potrebbe ugualmente essere passibile di sanzione innanzi alla Corte, in quanto violazione diretta di quel “right to private life” tutelato dalla Convenzione e la cui interpretazione estensiva di “diritto a stabilire relazioni con altri esseri umani” include le relazioni di lavoro o di affari (Corte europea diritti dell’uomo, sez. III, 25 ottobre 2007, V.V. C. Paesi Bassi).
4. perché è necessario aggiornare la disciplina

5. le criticità del testo del Governo

2. La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
Vengono esclusi dal regime di concertazione e di autorizzazione, tra gli altri, gli «strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa».
E’ fuor di dubbio che in tale definizione possa rientrare di tutto, ogni singolo strumento fornito al lavoratore dal datore di lavoro per finalità produttive (PC, telefono, auto aziendali, App per dispositivi mobili, software di ogni genere,ecc.) i quali potrebbero essere utilizzati per qualsiasi finalità senza alcun tipo di accordo o autorizzazione, con il solo limite – previsto dal terzo comma – di aver informato adeguatamente il lavoratore sulle «modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196». I lavoratori, quindi, non avrebbero più alcuno strumento di tutela rispetto all’utilizzo di quegli strumenti forniti dal datore di lavoro per rendere la prestazione lavorativa e le informazioni così raccolte sarebbero «utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro» (mentre adesso sono soggetti a contrattazione o autorizzazione).
Per come è formulato l’articolo, inoltre, diventa “contrattabile” o autorizzabile anche l’impiego di strumenti che prima erano assolutamente vietati, ossia quelli finalizzati esclusivamente al controllo a distanza.
Ultima notazione merita il generico richiamo nel corpo del terzo comma al «rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196».
Così formulato, quello che dovrebbe essere un limite si rivela in realtà un inutile orpello, in quanto:
- il requisito della preventiva informazione degli interessati (i lavoratori) è grossomodo già presente nella prima parte del medesimo comma (“a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli”);
- sulla base della riformulazione del primo e del secondo comma dell’articolo, il consenso del lavoratore al trattamento dei dati personali “generati” nell’ambito dell’attività lavorativa potrebbe non essere richiesto, sulla base di un’interpretazione “ardita ma sostenibile” dell’art. 23, comma 1, lett. b) e d), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice privacy), che rispettivamente riguardano l’adempimento degli «obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l’interessato» (il contratto di lavoro) e, con un’ulteriore forzatura, i «dati relativi allo svolgimento di attività economiche, trattati nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale»;
- il Codice privacy non prevede ulteriori autonomi vincoli all’azione del datore di lavoro poiché non fa altro che richiamare gli articoli 4 e 8 dello Statuto dei lavoratori, sulla base dei quali il Garante, partendo dai limiti ivi stabiliti e coniugandoli con i principi di protezione dei dati personali, ha adottato tra la fine del 2006 e la metà del 2007, i provvedimenti in tema di trattamento di dati personali dei lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro nel settore privato [doc. web n. 1364099] e pubblico [doc. web n. 1417809] e per l’utilizzo della elettronica e di Internet [doc. web n. 1387522];
- tali provvedimenti si fondano sull’attuale art. 4 dello Statuto dei lavoratori e, una volta rimosso il divieto di utilizzo di strumenti finalizzati al controllo a distanza ivi previsto (comma 1), i limiti previsti dall’art. 11 del Codice privacy di liceità, correttezza e finalità del trattamento, nonché quelli di pertinenza e non eccedenza dei dati trattati, non troverebbero più adeguato fondamento e il richiamo del rispetto del medesimo Codice all’interno del comma in commento risulterebbe svuotato di ogni significato.
6. il comunicato di smentita del Ministero del Lavoro

La norma sugli impianti audiovisivi e gli altri strumenti di controllo contenuta […] adegua la normativa contenuta nell’art.4 dello Statuto dei lavoratori – risalente al 1970 – alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute [e] non “liberalizza”, dunque, i controlli ma si limita a fare chiarezza circa il concetto di “strumenti di controllo a distanza” ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso questi strumenti, in linea con le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni e, in particolare, con le linee guida del 2007 sull’utilizzo della posta elettronica e di internet.
Circa la chiarezza, il dibattito sollevatosi e le argomentazioni riportate in questo articolo da sole dimostrano la lacunosità e i limiti del testo, sul quale anche il Garante per la protezione dei dati personali ha nei giorni scorsi avuto modo di soffermarsi in termini critici in occasione della presentazione della propria relazione annuale al Parlamento.
La distanza dalla realtà degli estensori del comunicato del ministero emerge in tutta la sua evidenza in questo passaggio:
L’espressione “per rendere la prestazione lavorativa” comporta che l’accordo o l’autorizzazione non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che “serve” al lavoratore per adempiere la prestazione: ciò significa che, nel momento in cui tale strumento viene modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da strumento che “serve” al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione. Con la conseguenza che queste “modifiche” possono avvenire solo alle condizioni ricordate sopra: la ricorrenza di particolari esigenze, l’accordo sindacale o l’autorizzazione.
Infatti, come abbiamo già chiarito nel paragrafo 4, «la possibilità di monitorare e tracciare ogni momento della prestazione lavorativa deriva direttamente dalle caratteristiche intrinseche degli ordinari strumenti di lavoro in dotazione del lavoratore, dal PC al telefono, dalla stampante di rete all’email, senza che sia necessario apportare loro modifiche particolari o configurarli in modo specifico».
Il testo attuale del decreto legislativo non si presta affatto alla lettura prospettata dal ministero nel comunicato, mentre la nostra proposta cerca di porre rimedio agli aspetti critici evidenziati e di soddisfare tutte le caratteristiche che, seppur descritte nel comunicato, il testo del Governo attualmente non ha.
7. spiegazione dettagliata della proposta
7.a divieto di strumenti utilizzati esclusivamente o prevalentemente per il controllo a distanza
7.b semplificazione degli adempimenti e modalità di utilizzo degli strumenti di lavoro per ulteriori finalità
- nella maggior parte dei casi il datore di lavoro non avrà particolari oneri burocratici;
- solo se il datore di lavoro vorrà utilizzare gli strumenti di lavoro per ulteriori finalità, dovrà passare attraverso la concertazione o l’autorizzazione, che costituiscono l’essenziale cornice di garanzia circa il corretto impiego di tali strumenti.
7.c divieto di controllo attraverso strumenti di proprietà del lavoratore utilizzati anche per rendere la prestazione lavorativa
7.d liberalizzazione dei sistemi di gestione degli accessi e delle presenze
7.e inutilizzabilità assoluta dei dati trattati illecitamente
8. conclusioni

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[…] i confini della concreta applicazione del nuovo assetto normativo nella quotidianità aziendale (qui trovate un precedente contributo con un esame delle fonti ed alcuni spunti critici). Nell’intento di individuare qualche riferimento utile nella pratica applicativa, abbiamo […]
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